SÒCCIA!
Maragli all’orizzonte
Romanzo di disin/formazione bulagnese,
degenerato in sano ecoterrorismo
Agli amici che sono partiti per altre galassie anzitempo,
Stefano e Claudio
I personaggi e i
fatti descritti sono un rutto della fantasia. Ogni riferimento alla realtà è
puramente casuale. Forse.
GRAZIE mille volte mille all’amico Gino Goya per l’impagabile supporto
tecnico (trasformare questo testo da file Word in carta dell’Amazonia):
se potete leggere quanto segue lo dovete anche a Lui.
La foto di copertina -
autore Nicola Boi© - proviene dalla testata del master di giornalismo MaGiBo
dell’Università di Bologna: correda il bell’articolo di Giorgia Porliod “Le tante facce del tortellino” (18
ottobre 2017) e si riferisce a un piatto spettacolare dello chef Pietro
Montanari, in passato servito al Ristorante Cesoia: “Bologna la
rossa…dal sangue blu”. Il piatto nasce per l’edizione
2016 di “Tour-tlen”, il festival del
tortellino che a San Petronio anima piazza Re Enzo. La sfoglia richiama i
colori del Bologna, dato che il ristorante sorge nel luogo che una volta
ospitava il campo della squadra di calcio. Il ripieno è quello tradizionale ma
viene diviso in due parti. Il rosso viene ricreato utilizzando del concentrato
di pomodoro prodotto dal ristorante, il blu dalla fermentazione del cavolo
cappuccio con aggiunta di clorofilla e nero di seppia. Il ripieno blu è di
pollanca allo stato brado, mortadella e mascarpone. Il ripieno rosso è di
prosciutto, lombo di maiale, timo e parmigiano. I tortellini sono cucinati in
un brodo di pollanca e doppione di manzo. A fine cottura vengono saltati con
burro e parmigiano (così non perdono il colore). Mangiarne uno blu e uno rosso
aiuta il palato a ricostruire il sapore del tortellino tradizionale.
GRAZIE infinite per avermi concesso di
usare la vostra immagine.
Lettera
di auto-accettazione
(Prefazione)
Sòccia! è il frutto di un parto cesareo. Scritto quasi vent’anni
fa, maneggiato a più riprese, nacque sull’onda de L’isterico a metano. Infuocatomi dopo che quest’ultimo era stato
acquisito nientepopodimeno che dal Sig. Mondadori quasi in persona, partii in
quarta con un’altra avventura di ambientazione emiliano-globale. Il sommo editor lo bocciò dopo averlo frettolosamente
inquadrato come un tentativo di sequel dell’Isterico
(il sommo editor era quotidianamente
stalkerato da aspiranti scrittori con il libro nel cazzetto che lo sommergevano
di manoscritti non richiesti), sbagliando di brutto l’etichettatura. Nel suo
rifiuto centrò una sola cosa: Sòccia!
tratta(va)si di romanzo di formazione, Bildungsroman in lingua tognina. L’editor, in realtà, centrò anche un’altra
cosa: il suo diritto sindacale di odiare i romanzi di formazione: così come i
film dell’horror, i gelati al puffo e i tronisti non sono oggettini per tutti
gli stomaci.
Quella fu la
prima bocciatura di una collezione. Seguirono quelle su carta, qui riportate,
oltre ai silenzi eloquenti di editori che non avevano tempo né soldi da
sprecare in carta, inchiostro e francobolli. Aggredii
l’editore giovane Minimum Fax, se ricordo bene da me accalappiato a qualche
orgia libraria. Io gli appioppai il manoscritto, lui appioppò a me (anzi, a un
mio alter ego, tal Piero) una dettagliata lettera di rifiuto. Tale lettera mi
lasciò felice e dubbioso. Felice perché a sentire tal Marco Di Marco (un altro
alter ego?) i giovani del comitato di redazione dell’editore giovane lo avevano
davvero letto e poi si erano addirittura degnati di scrivere, stampare,
imbustare, leccare, affrancare, spedire. Quasi un miracolo nella giungla di
editori che dirottavano i manoscritti direttamente nella carta da riciclare senza
nemmeno buttarci un sopracciglio sopra. Dubbioso perché le critiche mosse al
libro, tollerabili come tutte le critiche e i gusti di gelato di questo mondo,
facevano un’equazione a mio parere sbagliata (a scuola ero un genietto in
matematica):
mia dichiarata voglia di stronzeggiare
dalla prima all’ultima pagina
=
mancanza di verosimiglianza della storia
Grazie
alla cippa, avrei volto dire al caro Marco Di Marco, se nella storia dei
rapporti fra aspiranti scrittori ed editor
scrematori fosse mai stata concessa una contro-risposta o, almeno, un caffè
assieme giù al bar. Nel libro, a mio - evidentemente solo mio - parere,
qualunque lettore avrebbe dovuto notare di trovarsi fin dalla prima riga davanti
a chiaro esemplare di opera cazzara, senza alcuna aspirazione di
verosimiglianza, di plot da romanzo
storico, di attendibilità da Piero Angela. Ovviamente la cornice del racconto
(l’arresto del protagonista) era un escamotage,
‘na scusa, per infilare tante ma tante cazzate, con l’imbuto grosso da
damigiana, fra la prima e l’ultima pagina. Ovviamente, nella vita vera, un
padre con i peli sul petto di solito non racconta le proprie pugnette al
figlio, a meno che non si tratti di padre un filo alla deriva. Oppure, come nel
caso di Sòccia!, di padre assente da
sempre nella vita del figlio che, da un bel/brutto dì in poi, cerca il perdono
attraverso una confessione intima che più intima non si può, ai limiti del
confessionale cattolico. Ti racconto quanti peli sotto le ascelle ho, così forse mi perdoni per la lunga assenza e da
oggi diventiamo, se non addirittura padre-figlio, amici. Davo per scontato che
il lettore medio, capito il giochino, si sarebbe concentrato sulle cazzate anziché
sulla verosimiglianza. Non so a voi,
ma a me pare che la vita ci butti addosso già troppe cose vere. In una lettura
di intrattenimento, senza necessariamente scivolare nel reparto barzellette di
Totti dei supermercati, preferisco un po’ di fantascienza urbana pazza, di
cazzate alla vaga eau de verité,
piuttosto della vera cronaca vera (per quella mi bastano le file in posta, il
telegiornale e la gente che quotidianamente fa di tutto per distruggere il
pianeta). Ammaniti e i russi che popolano le catacombe di Roma mi stanno molto
più simpatici dei russi veri.
Durante uno
dei miei pellegrinaggi siculi in cui all’inizio del secondo millennio andai a
trovare nonno Pietro, scappato di casa a ottantanove anni e fuggito a Sciacca,
fra una cassatina buona da far lacrimare e un’arancina buona da comprarne
cento, bussai alla porta dei gentili Signori Sellerio nella bella Palermo.
Editori e gentiluomo/donna d’altri tempi. Era il periodo dei grandi successi di
Camilleri e quei libricini piccini picciò blu, anche se apparentemente
contenenti fiabe per bambini con manine piccole, spesso contenevano Grandi
Figate. Per un momento sognai che Sòccia! potesse essere
pubblicato da un Editore così… antico-moderno. La lettera di risposta della
signora Elvira, che riposi in pace nel paradiso delle gentildonne, mi fece
felice e dubbioso al tempo stesso. Felice perché, di fronte alla già citata giungla,
Lei aveva letto il libro e si era addirittura presa la briga di scrivermi.
Dubbioso perché le sue osservazioni erano un ossimoro nero su bianco: ‘ricco di
interesse’, ma impubblicabile. Io, mente semplice, ero cresciuto ritenendo che
se una cosa è ricca di interesse probabilmente troverà compratori interessati
ad arricchire chi la spaccia. Ma si sa che gli omarini come me, mononeuronici,
vedono tutto solo in bianco e nero, senza tutte quelle meravigliose sfumature arcobaleniche
che le signore donne femmine intravedono costantemente fra i raggi gamma che
tappezzano l’ozono.
Abbandonai
Lulù e misi Sòccia! in un baule in solaio.
Per anni. Anche perché, poi mi ero reso conto (con molta calma), alcuni dei
protagonisti del libro potevano del tutto
casualmente, lo giuro sulla testa di Trump, assomigliare a persone vere del
mio passato remoto. Qualcuno avrebbe potuto riconoscerne i codici fiscali,
attività molto scorretta in tempi di privacy
a tutto campo.
Poi, l’anno scorso, qualche anima giovane e pia mi ha fatto conoscere il
Sig. Bezos, il proprietario dell’Amazonia. Lì mi si sono aperte le acque. Come,
posso pubblicare un libro su carta polacca senza spendere alcunché? Chi lo
vuole se lo compra e magari lo legge pure, chi non lo vuole lo ignora e salva
un albero? Gesù, a volte, c’è. Mil besos
a Bezos!, non mi importa se sfrutta schiavi per accumulare miliardi: la storia
lo giustifica, i Grandi Geni si meritano un sacco di copechi, di zoccole e di
GRAZIE.
Il
testo che segue, oltre a essere stato depurato da ogni forma di odiosetta verosimiglianza,
è anche stato limato per non offendere più di tanto chi, del tutto casualmente, si riconoscesse in alcuni dei personaggi del
libro. Oggigiorno circola un sacco di gente permalosa, e io non voglio offendere
nessuno (sono notoriamente un pacifista). Se doveste mai riconoscervi in quanto
segue, vi ricordo che Sòccia! parla
di alieni di un altro pianeta, mentre il pianeta sul quale siamo momentaneamente
ospitati è grande come uno sgabuzzino, dunque ricchissimo di coincidenze.
Okinawa, 24 gennaio 2019, ora del tè
Indice
PARTE PRIMA
Prologo
PARTE SECONDA
Primo caffè
Secondo caffè
Terzo caffè
Quarto caffè
Quinto caffè
Sesto caffè
Epilogo